Presentazione

Norberto Bobbio, Prefazione, in  Energie Nove, Bottega d’Erasmo, Torino 1976 pg. VII-XIV

Quando apparve il primo numero di “Energie nove” – I-15 novembre 1918 – Piero Gobetti aveva poco più di diciassette anni, essendo nato il 10 giugno 1901. Al progetto e alla preparazione della rivista aveva dedicato il periodo delle vacanze estive fra la fine del liceo (si era licenziato al liceo classico Gioberti) e l’inizio dell’università (si era iscritto alla facoltà di giurisprudenza dell’università di Torino). La prima menzione giunta sino a noi della rivista si trova in una lettera ad Ada Prospero, sua compagna di scuola e più tardi sua moglie, del settembre 1918: “…Porti il romanzo suo. Le dirò che parte le ho affidato nella redazione del giornale. Naturalmente lei è libera di accettare o no. Ma accetterà. E provare a confutare le mie opinioni se è ben agguerrita”. In una lettera probabilmente successiva, ma senza data nel frammento che ci è rimasto, alla stessa, gli scopi della rivista sono ormai tracciati con sicurezza (anche se sono ancora e sono destinati a restare per qualche tempo generici): “Scopi: destare movimento d’idee in questa stanca Torino, promuovere la cultura, incoraggiare studi tra i giovani, ecc. Il primo numero è ormai interamente redatto: uscirà ai primi di novembre […]. Scusi le troppe pretese: ma si tratta di opera di italianità, e tutti i giovani devono aiutarla”. In una lettera del 22 ottobre 1918 a Lionello Fiumi, recentemente scoperta e pubblicata da Gian Paolo Marchi, Gobetti presenta la rivista che sta per nascere con queste parole: “[…] il I° novembre uscirà, in Torino, una mia rivista di letteratura, filosofia, questioni sociali in quindicinale, scritta da giovani e diretta specialmente ai giovani per destare movimenti d’idee e divulgare pensieri. La rivista ha un indirizzo suo che apparirà dai primi numeri, non ha però troppe pretese, poiché si tratta di primi passi  o quasi […]. Ad ogni modo non dubito che lei vedrà con piacere la rivista, che è pur sempre un segno di risveglio in questa morta Torino”. Inviando il primo numero della rivista a Benedetto Croce, in una lettera della fine del 1918, scrive: “[…] Le basi dell’azione nostra vorrebbero essere le stesse dell’idealismo militante che ha animato (si licet parva componere magnis) la Voce. […]”.

Il primo numero  si apre con un articolo di Balbino Giuliano, che era stato di Gobetti e di alcuni collaboratori che questi attirerà alla rivista, professore di filosofia al liceo , e di cui Piero aveva letto in quei mesi, postillandoli, com’era suo costume, due libri, usciti entrambi nel 1916, Il valore degli ideali e Il primato di un popolo (Fiche e Gioberti). All’articolo di Giuliano segue un breve commento del direttore  – il primo scritto edito di Gobetti – ove il tema degli scopi della rivista è ripreso super giù con le stesse parole della lettera citata: “Noi vorremmo portare una fresca onda di spiritualità nella gretta cultura d’oggi, suscitare movimenti nuovi d’idee, recare alla società, alla patria le aspirazioni e il pensiero nostro di giovani, mentre altri offre il sangue e mentre ci apprestiamo a offrirlo  anche a noi”. Da queste parole risulta che la rivista era stata preparata quando la guerra era ancora in corso. Ma esce proprio nei giorni della fine della guerra e della vittoria. In calce all’ultima pagina, infatti, il direttore annota: “Al momento di andare in macchina giunge la notizia dell’occupazione di Trento e Trieste. Viva l’Italia”.

Gobetti non è soltanto il direttore unico della rivista – solo nei primi due numeri, rispettivamente del I-15 novembre  e del 15 – 30 novembre, compaiono accanto al suo nome come “membri di redazione” Mario Attilio Levi, Giuseppe Manfredini, Ada Prospero –, ma ne è anche il principale autore. Vi scrive articoli di politica interna ed estera, di critica letteraria e artistica, note di costume, recensioni di libri, avvisi ai lettori, ecc. salvo i numeri unici che riuniscono attorno ai collaboratori abituali collaboratori esterni ed illustri, i fascicoli ordinari sono scritti in gran parte da lui, con il suo nome intero, con le sigle “p.g.” o “P.G.”, anonimi, e uno con lo pseudonimo Rasrusat. Complessivamente più di metà della rivista (che supera di poco, tra la prima e la seconda serie, le quattrocento pagine) è scritta dal direttore. Le pagine dedicate alla politica superano di gran lunga quelle dedicate alla critica letteraria ed artistica. Dopo aver lasciato a Balbino Giuliano l’onore dei due primi articoli di fondo ( Rinnovamento, I, pp. 1-2, e L’ora dell’orgoglio, I pp.17-21), scrive la maggior parte dei successivi. Il primo dei suoi articoli di fondo, apparso nel n. 3 (I-15 dicembre 1918), intitolato Traditore o incapace?, è diretto salveminianamente contro Giolitti. Già di ispirazione salveminiana è il primo articolo politicamente impegnato che egli pubblica nel primo numero, La questione jugoslava, che tra argomento e lume dal libro, La questione dell’Adriatico, che Salvemini aveva scritto con la collaborazione di Carlo Maranelli, e pubblicato presso la Libreria della “Voce”, con prefazione di Umberto Zanotti Bianco, nel febbraio del 1918. Della seconda edizione, uscita dopo vari contrasti con la censura del 1919, Gobetti darà notizia del numero del 12 febbraio 1920, chiamandolo “studio meraviglioso”, dopo avere in numero precedente (I – 28 febbraio 1918) denunziato i metodi della censura contro “il più grande [libro] della nostra letteratura scientifica di guerra”. Nel n. 2 (15-30 novembre 1918) un brano di Salvemini scritto in occasione della fine della guerra provoca l’elogio dell’uomo “che fu il più acuto nella politica italiana della guerra , che non sente neanche il bisogno di volgersi a considerare la grandezza di ciò che ha sostenuto e compiuto”. Del resto Salvemini coglie subito la novità e l’affinità della rivista scrivendo su “L’unità” del 23 dicembre   1918, non appena letto il primo fascicolo, il seguente commento: “Energie Nove” è il titolo di una nuova rivista quindicinale, che un gruppo di giovani di Torino ha cominciato a pubblicare il I° novembre 1918. Il primo numero è ottimo per serietà e franchezza di opinioni. Quei giovani là scrivono e pensano soprattutto pensano come pochi padreterni del nostro giornalismo quotidiano. La  loro iniziativa è degna di simpatia ed appoggio. E’ un sintomo prezioso del rinnovamento che si è andato maturando nello spirito della nostra gioventù durante questi anni di guerra. Quando i giovani cominciano a pensare con la loro testa e dimostrano di saper pensare, vuol dire che è prossimo a finire il dominio dei vecchi. E l’Italia non ha più tempo da perdere per sbarazzarsi dei vecchi barbagianni che hanno fatto tutto quanto potevano per perdere la guerra e faranno tutto quel che potranno per perdere la pace”.

La serie degli articoli di fondo gobettiani ( I, n.4,  Commenti e Giustificazioni, pp. 49-51; n.5,  La società delle nazioni, pp. 65-67; n. 6,  Il problema dei problemi, p. 81) è interrotta dal posto d’onore riservata al maestro che con Salvemini ha esercitato il maggior influsso sulla sua formazione, Luigi Salvemini, Luigi Einaudi (Aiutare i fratelli!, n. 7-8, pp. 97-99), cui deve il sentirsi partecipe, sin dalle prime battute, della grande tradizione liberale. Ad Angelo Tasca che esprime l’esigenza  che le questioni siano trattate  e risolte senza pregiudizi, risponde: “E anche noi crediamo a questa esigenza  e lavoriamo per attuarla nella corrente del pensiero liberale (in senso ampio) che ci pare il più sano da Cavour a G. Fortunato e a G. Salvemini. Il quale pensiero liberale importa insieme il saggio consiglio e la saggia politica delle questioni concrete” (I, p. 147). In uno dei numeri speciali dedicati alla critica del marxismo e del socialismo (solo più tardi, quando avrà attraversato l’esperienza de “L’ordine nuovo”, Gobetti cercherà di sceverare l’atteggiamento positivo di fronte al marxismo da quello persistentemente negativo di fronte al socialismo), spiega: “Questo numero è stato pensato e scritto come critica della filosofia di Marx e del socialismo dal punto di vista liberale” (II, p. 76). La rivista non reca alcun sottotitolo, ma nel biglietto da visita che Gobetti si è fatto stampare per sbrigare la corrispondenza della rivista  ha fatto scrivere: Piero Gobetti/ Direttore di Energie Nove/ Rivista del pensiero liberale. Torino/ via XX Settembre 60” .

Più ampi, più intensi, più impegnativi, e anche più originali,  gli articoli di fondo con cui ha inizio la seconda serie della rivista. Sono  i primi veri e propri. Saggi di pensiero politico scritti da Gobetti : La nostra fede (n. I, 5maggio 1919, pp.I-8) e Verso una realtà politica concreta (n. 2, 20 maggio 1919, pp. 33 -37). Dell’importanza che egli annette al primo articolo è prova il fatto che lo trasforma in un libretto di 23 pagine che con il titolo I partiti e la realtà nella vita politica esce nella collana di opuscoli di “Vita”, rivista giovanile fiorentina, organo della “Lega latina della gioventù”, diretta dal coetaneo Jean Luchaire, che ha un suo centro di diffusione anche a Torino. Nell’ultima pagina della copertina si legge un avviso pubblicitario così concepito: “Energie Nove”: esce da due anni in Torino (via XX settembre 60). E’ diretta da Piero Gobetti e redatta da un gruppo di giovani scrittori secondo un piano organico e con unità di indirizzo: si occupa di problemi filosofici, politici, letterari. Come giudicano “Energie nove”: G. Salvemini [segue una parte del giudizio già riportato]; B. Croce: “Mi è molto piaciuta per la serietà di pensiero e di propositi che vi si affermano”; G, Prezzolini: “Sento vibrare nella loro rivista gli stessi sentimenti che ci avvicinarono quando fondammo La voce ma ravvisati dalla grande prova della guerra”. Nella seconda serie appaiono ancora due articoli di fondo decisivi per chi voglia farsi un’idea della strada che Gobetti percorre verso la piena adesione al programma “unitario” di Salvemini: Giolitti, giolittismo e antigiolittismo ( n.5, 5 luglio 1919, pp. 93-95) e Frammenti di estetismo politico (n. 10, 30 novembre 1919). Soprattutto quest’ultimo spicca su tutti gli altri non soltanto per il contenuto –  contiene infatti in alcune pagine serrate un primo tentativo di dare giustificazione storica alla rivoluzione russa contro l’antibolscevismo di maniera dei conservatori e dei riformisti – , ma anche per quel modo di scrivere a colpi di frusta che costituirà  la caratteristica dello stile gobettiano ( di colui che non a caso adotterà in uno degli ultimi scritti prima di morire lo pseudonimo Diogene Mastigaforo, che sta per mastigòforo = portatore di frusta).

Il giovane direttore di “Energie nove” ha raggiunto ormai la piena maturità, quando è prossimo il momento in cui improvvisamente il mese successivo decide di sospendere la pubblicazione della rivista, giudicata forse, rispetto alla raggiunta maturità, ancor troppo immatura.

La raccolta completa di “Energie nove” è composta come si è detto, di due serie: la prima costituita di nove fascicoli (di cui uno, del I -28 febbraio 1919, doppio), numerati dall’uno la dieci, il primo datato I-15 novembre 1918, l’ultimo 15-31 marzo 1919; la seconda, di dodici fascicoli, numerati dall’uno al dodici, di cui il primo è datato 5 maggio 1919, l’ultimo 12 febbraio 1920. Tra la prima e la seconda serie corre l’interruzione di poco più di un mese . Manca il numero di aprile. “Ci fermiamo per un mesetto per mettere a posto le cose”, scrive Gobetti sotto il titolo Continuando nel fascicolo del 15-31 marzo. In realtà l’interruzione è dovuta all’aver Gobetti partecipato durante il mese di aprile al primo convegno dei gruppi d’azione degli Amici dell’”Unità”, che si svolge a Firenze dal 17 al 19 aprile, e da cui nasce la Lega democratica per il rinnovamento della politica nazionale. L’idea del convegno fra gli Amici dell’”Unità” era nata da alcuni lettori, ex-combattenti, in lettere indirizzate al giornale salveminiano. Lo stesso Salvemini, accogliendo la proposta, avendo dato il primo annuncio del convegno pubblicando sotto il titolo “Il problema dei problemi,  dà immediatamente la propria adesione alla proposta, scrivendo su “Energie nove” (n. 6, 15-31 gennaio 1919); “ Riconosciamo nell’ “Unità” una sorella maggiore  da cui è stata ispirata la nostra vita” (I, p. 81). Il breve articolo viene riprodotto con qualche leggera  variante (dove Gobetti scrive “Salvemini”, questi corregge l’ “unità”) nel numero del 15 febbraio de “L’unità” nella rubrica Pel convegno degli “ unitari”. Il I° marzo il giornale salveminiano annuncia che il convegno avrà luogo a Firenze durante le vacanze di Pasqua, scrivendo fra l’altro: “Va da sé che il gruppo di Firenze saluterà con gioia le iniziative delle Energie nove e de La risposta” (“La risposta” è un altro giornale torinese, diretto da Terenzio Grandi). L’“iniziativa” di “Energie nove” consistette nella costituzione per opera di Gobetti di un Gruppo dì azione torinese degli Amici dell’Unità, di cui lo stesso Gobetti dà notizia nell’ultimo numero della prima serie (15-31 marzo 1919, p. 152). Il gruppo tenne la prima riunione  domenica 30 marzo per discutere della propria costituzione e del programma.  Seguirono altre due riunioni prima del convegno, la prima sabato 5 aprile, in cui lo stesso Gobetti fece una relazione sulla riforma elettorale e sul voto alle donne, la seconda giovedì 10 aprile, in cui Einaudi e Prato iniziarono un dibattito intorno al problema della terra ai contadini. Ne danno notizia sia “ L’unità” del 12 aprile  1919 (a. VIII,n. 15-16, p. 95) sotto il titolo “Gruppo dì azione  di Torino” sia “La risposta” nel n. 4 del 10 aprile. Lo stesso Gobetti ne dà l’annunzio nella propria rivista sotto il titolo significativo e impegnativo Il nostro movimento (II, n. I, 5 maggio 1919, p. 32). Comunica ai lettori che sarà distribuita la Dichiarazione dei principi approvata al convegno di Firenze. Nell’articolo di fondo, gia citato, Verso una realtà politica concreta, prendendo spunto dalla nota opera di M. Ostrogororski sui partiti politici, assume una netta posizione di fronte alla questione che aveva diviso gli aderenti, se la Lega dovesse essere considerata un vero e proprio partito, sostenendo che essa è “un vero e proprio partito, cioè una forza politica capace di sviluppo e ricca di contenuto vero” (II, p. 34). La seconda serie di “Energie nove”, insomma, che ha inizio dopo la costituzione della Lega, se ne fa convinta portavoce, e ne diventa quasi un organo interno. Dopo il convegno fiorentino figurano fra gli aderenti alla Lega, oltre Gobetti, alcuni fra i più assidui collaboratori della rivista, Edmondo Rho, Giuseppe Manfredini, Ada e Maria Marchesini, Ada Prospero. Dei rendiconti che appaiono su “L’unità” (n. 21-22, 25 maggio-I giugno 1919, p. 124; n. 5-6, 29 gennaio-5 febbraio 1919, p. 23; 18 marzo 1920, pp. 51-52) risulta che il Gruppo torinese di cui Gobetti diventa il segretario si riunisce e svolge il proprio programma di discussioni e di “educazione politica”, secondo le direttive della Lega, con una certa regolarità, affrontando i temi che la Lega aveva posto all’ordine del giorno, quali la pubblica amministrazione, la questione della scuola, il problema del Mezzogiorno, la questione femminile e via dicendo. Nel numero del 29 gennaio - 5 febbraio 1920 de “L’unità” Gobetti dà notizia di aver istituito una vera e propria “scuola di educazione politica”, con queste parole: “Volevamo che fosse una scuola, ossia lavoro organico e continuo di formazione spirituale. Ogni accademismo dovrebbe essere evitato. Bisognava ottenere una vera comunicazione di vita e di partecipazione di attività. Una dozzina di giovani che lavoravano insieme per giungere a risultati comuni. Uno solo che guidasse la discussione per evitare gli smarrimenti e le discontinuità, ma nessuno inerte e passivo. Assoluta cooperazione e non dilettantismo di individui” (p. 23).  Dopo aver precisato di aver già tenuto in due mesi una ventina di discussioni, conclude: “I primi risultati sono ottimi. Anzi tutto i giovani, che hanno partecipato alle discussioni, sono ora aderenti alla lega nostra”. L’opera di educazione politica va prevalendo su quella politica in senso stretto, tanto è vero che nell’ultimo rendiconto del Gruppo torinese, pubblicato su “L’unità” del 18 marzo 1920, un mese dopo la sospensione e la fine di “Energie nove”, Gobetti ritiene prematura ogni prospettiva di azione politica, per lo meno nel Nord “senza una più intensa preparazione culturale e un più intimo affratellamento di forze nuove non compromesse da un immorale passato di transazioni politiche”, e conclude: “Non si pregiudichi con l’aspettativa o il tentativo di un’azione troppo vasta l’attività di un organizzazione che può dare ottimi risultati mantenendo il suo carattere presente che è culturale, senza essere apolitico” (p. 51). Quando ormai “Energie nove” ha cessato le pubblicazioni, Gobetti partecipa al secondo convegno della Lega che si svolge a Roma dal 2 al 5 giugno 1920, e da cui nasce la Lega degli Amici de “L’unità” che, come si legge in un comunicato che appare su “L’unità” del 13 giugno 1920, “delega al socio Gobetti l’ufficio di segretario” (p. 104). Ma ormai l’entusiasmo del neofita è spento. Il 2 giugno, il giorno stesso in cui ha avuto inizio il convegno, scrive ad Ada Prospero una lettera sfiduciata, che lascia presagire la fine di un’esperienza fervidissima ma di breve durata: “Qui il convegno è disordinatissimo e inconcludente. Tutti sono scomparsi (Prezzolini,  Dall’olio, ecc.), i rimasti non hanno idee chiare e sono molto diversi e non vedo che possano avere una funzione. Meglio è che quanti sentono una possibilità di lotta e di coscienza politica si costituiscano in partito con tutte le transazioni che vogliono. Non so che cosa farò, che cosa concluderemo e diremo”. Nominato segretario di una lega “che non c’è”, Gobetti volge ormai la mente altrove: sebbene  “L’unità” duri sino alla fine dell’anno, non vi compare più alcun rendiconto di una qualsiasi attività che si svolga a Torino in suo nome.

Sempre sulle orme di Salvemini Gobetti dibatté appassionatamente il problema scolastico cui dedicò due numeri unici della rivista  (il IX ed ultimo della prima serie, I-15 marzo 1919, pp. 121-152, e il nono della seconda serie, 31 ottobre 1919, pp. 173- 204),  e una serie di articoli su Il problema della scuola (I, n. 9, Il liceo, pp. 121.127; I, n.10, Il ginnasio, p.138-140; II, n. I, pp. 12-13), nonché varie recensioni.

Il secondo numero unico, cui collaborarono Ernesto Codignola, Giovanni Gentile, Manara Valgimigli, Francesco Severi, Antonio Garbasso, Luigi Galante, vuole essere non soltanto l’occasione per un dibattito fra gente del mestiere ma anche l’inizio di un’azione pratica, di una battaglia per la riforma della scuola. Nella premessa al fascicolo scrive: “Oltre che discussione teorica di problemi pedagogici ed esame di soluzioni questo fascicolo vuole essere un tentativo e voce di richiamo per una più viva organizzazione pratica di forze realizzatrici […]. Perciò d’accordo coi gruppi più sani di forze educative nazionali abbiamo deciso di preparare e fondare un’organizzazione attiva che coordinando le precedenti iniziative si proponga lo scopo preciso di imporre al paese e al governo le idee essenziali della riforma, nel più breve tempo possibile”. Nell’ultimo numero della rivista (12 febbraio 1920) Gobetti pubblica l’Appello per un Fascio di educazione nazionale di Ernesto Codignola,  del cui comitato promotore fanno parte, oltre Codignola, lo stesso Gobetti insieme con autorevoli rappresentanti del mondo della cultura, da Gentile a Varisco, da Anile a Valgimigli, da Giovanni Ferretti a Lombardo-Radice. Quindi annuncia che si è costituita preso la redazione della rivista la sezione torinese, cui hanno aderito Dario Ascoli, Domenico Bulferetti, Davide Jona, Mario Attilio Levi, Giuseppe Manfredini, Ada e Maria Marchesini, Mario Mauro, Ada Prospero, Edoardo Ravera, Edmondo Rho, Natalino Spegno, Angelo Zilli. Oltre “Energie nove”, organi di questo fascio sono “L’educazione nazionale”, “La nostra scuola” e “Volontà”. Ma, come si è detto, la rivista è ormai morente, e anche questo appello rimane senza risposta.

“Energie nove” serbano le tracce di un’altra attività di Piero Gobetti nei primi due anni della sua milizia letteraria: le traduzioni dal russo. Il fascicolo n.  7 della seconda serie, che è un fascicolo estivo (agosto 1919), è composto esclusivamente dalla traduzione di una novella di  Andreev, L’angioletto (pp. 141-148). Nel fascicolo successivo ( 30 settembre 1919) appare una nota su Leonida Andreiev in Italia (pp. 166-168). Con una novella ancora di Andreev, L’Abisso, Gobetti dà vita ad una nuova iniziativa editoriale, destinata a non aver seguito, pubblicando la novella come n. 1 (cui conseguirà mai il n. 2) di una “Biblioteca Energie nove”, Collana d’arte, in un opuscolo di 25 pagine dedicato a R. Gutmann Poliedro. Nello stesso anno esce presso la “Biblioteca universale Sonzogno” una raccolta di tre novelle di Andreev (intitolata Figlio dell’uomo e altre novelle, tradotte direttamente dal rassoda Piero Gobetti ed Ada Prospero con uno studio dell’autore), dedicata a Maria, da e Nella Marchesini, con “l’affetto che lega il comune fervore di lavoro”. Quando ormai l’esperimento di “Energie nove” è esaurito, apparirà la traduzione di Allez! di A.J. Cuprin, presso la casa editrice “La voce”, con una nota critica del traduttore (pp. 107-109), recante la data “novembre 1920” . Nella narrazione delle vicende della prima rivista gobettiana importa ricordare di questo libretto la dedica: “A Balbino Giuliano, maestro e amico con sincerità”. Chiusa l’esperienza della rivista, Gobetti non aveva dimenticato uno dei primi ispiratori, malgrado fosse avvenuta nel frattempo fra Giuliano e Salvemini una clamorosa rottura a proposito del giudizio contrastante sull’impresa di Fiume (ne “L’unità” del 30 ottobre 1919). Se si tien conto che nei due anni di “Energie nuove” Gobetti è studente della facoltà giuridica torinese ed è costretto a sostenere esami in materie lontanissime dai suo interessi, anche se  quella facoltà è la scuola degli  Einaudi, dei Ruffini, dei Prato, dei Mosca, dei Solari, e che oltre a scrivere, come si è detto, gran parte della rivista che dirige, collabora ad altre riviste, come “L’unità” di Salvemini, “La risposta” di Terenzio grandi, la veronese “Poesia ed arte” di Antonio Scolari, la fiorentina “Vita latina” di Jean Luchaire – su cui pubblica nel febbraio del 1919 un articolo di letteratura russa Ivan Turghienief, da allora non più pubblicato – , non si può non restare sorpresi, quasi increduli, di fronte a un’ “energia” (uso di proposito questa parola gobettiana) creatrice che ha del prodigioso.

Dopo aver annunciato nel n. 11 della seconda serie (20 dicembre 1919) un denso e ambizioso programma Per il 1920 (II, n. 225.226), che prevede un gruppo di studi storici, discussioni su problemi attuali, rassegne periodiche nei vari campi della cultura, nel n. 12 che esce soltanto nel febbraio del 1920, Gobetti avverte improvvisamente, con un breve articolo di fondo, intitolato Intermezzo, che la pubblicazione della rivista è sospesa: “Un po’ di silenzio onesto, di laboriosità fattiva: ecco l’intermezzo. Tra qualche mese la ripresa più feconda e più vasta “ (p. 245). In realtà non si tratta di un intermezzo. La rivista non sarà mai più ripresa; passeranno due anni prima che appaia, il 12 febbraio 1922, il primo fascicolo di “La rivoluzione liberale”. Chi voglia capire la ragione della rinuncia alla continuazione della rivista giovanile dovrà andarsi a rileggere l’articolo apparso nel novembre 1920 su “L’educazione nazionale”, La rivoluzione italiana, che reca per sottotitolo Discorso ai collaboratori di “Energie nove”. L’articolo, che appare come una palinodia e insieme come l’espressione di un nuovo impegno, comincia con queste parole: “Le prime esperienze di studi politici ci hanno indotti a constatare il fallimento ideale dell’Italia”. Condannati il liberalismo, il socialismo, il cattolicismo, Gobetti riconosce “il valore nazionale del movimento operaio”. E commenta: “Questa è la nostra idea nuova. Forse di questa affermazione potrà vivere lo stato italiano”. In un brano autobiografico di qualche anno più tardi (che fa parte del saggio  I miei conti con l’idealismo attuale, in “La rivoluzione liberale”, II, n. 2, 18 gennaio1923) Gobetti scrive: “Nel 1920 io interruppi le “Energie nove” perché sentivo bisogno di maggior raccoglimento e pensavo una elaborazione politica assolutamente nuova, le cui linee mi apparvero di fatto nel settembre al tempo dell’occupazione delle fabbriche”. Ma non ripudiò mai il passato. In uno dei primi volumi pubblicati dalla casa editrice che egli fonderà nel marzo del 1923, la raccolta dei suoi saggi Dal bolscevismo al fascismo, in un avviso pubblicitario, rendendo nota l’esistenza di alcune copie della collezione completa di “Energie nove”, così la definisce: “È la prima espressione del movimento e delle idee da cui nacque la Rivoluzione liberale”.

Norberto Bobbio

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